Quelli di Arsita. Omaggio ai Mobili Trignani, il "gruppo del festival"

Immagine dell'autore Filiberto Ciaglia, Feb 7, 2023

Con Giulia ci siamo visti per la prima volta nei boschi del Parco Nazionale d'Abruzzo, tra una lezione e l'altra dei corsi del Club Alpino Italiano. È una geologa, speleologa, musicista e più di tutto scrittrice finissima. Le sue parole sono orchestre che rompono e riacconciano le anime con una disarmante facilità, in genere basta lo spazio di una didascalia ai margini di uno scatto di montagna. Qualche volta il paesaggio passa persino inosservato.

Forse è per questo che "scesi a valle" la chiamai per chiederle se ad Arsita, un paese nel cuore del versante teramano del Gran Sasso, il suo paese, un gruppo di ragazzi volesse unirsi all'idea folle di trovarsi a Collarmele per raccontare il loro modo di abitare le alte terre.

Si prese il suo tempo e accettò, ventilando la presenza di qualche strumento che avrebbe musicato il loro intervento. Da un incontro casuale è nata la performance più impattante del 3 agosto 2021. Nicola, Fabrizio, Giulia e gli altri arsitani hanno condiviso i loro testi circondati dalle gradinate di Piazza dell'Orologio: note di luoghi in un luogo di note. La montagna vive più o meno sotto traccia nei brani dei Mobili Trignani, che parlano ai paesi e al mondo, la dimostrazione matematica che dai piccoli centri può uscire l'impensato.

Ascoltando "Il tuo peggio" ho sempre sostenuto che fosse il brano-inno della manifestazione, non fosse altro per il fatto che li accomuna l'origine, che entrambi si rivolgono "a quella folla di storie importanti". La canzone nasce assemblando i versi di Giulia, salvando dall'oblio frasi avvicendatesi negli anni e sconnesse solo agli occhi di chi non vede musica anche negli angoli più incerti. Così Fabrizio e Nicola, che di solito compongono, questa volta hanno messo insieme i pezzi e, di nuovo, forgiato l'impensato. Il festival è frutto di una simile combinazione casuale, dal niente i paesi sono accorsi per stringersi la mano e (ri)conoscersi nello spazio di un anfiteatro, che pare girare come fa un disco graffiato, di quelli che hanno una traccia ormai irriproducibile. Questo è anche lo stato dei paesi, non tutte le volte il giro va a buon fine e le idee, talvolta, si perdono per strada sprofondando come fiumi carsici. Da qualche parte le sorgenti, però, rispuntano e tornano a incidere le valli in superficie.

Noi a modo nostro ci occuperemo degli emersi e dei sommersi, con lo sguardo rivolto alla terza edizione del festival. E sul palco, i Mobili Trignani.

Filiberto Ciaglia